La porta accanto
Fuggire, accogliere, sperare.
La mente funziona a incastro
a capire in fondo il mondo
ogni giorno ti serve l’altro
Vi ricordate quando era la paura a definire le nostre scelte? Di tutto ciò che fosse altro da noi. Non potevamo muovere un passo senza l’ansia dell’inciampo o dello scontro. Terrorizzati da tutto, di tutti, non facevamo nulla senza il timore di essere giudicati o non visti.
Poi, tutto è cambiato. Ci siamo messi in ascolto, spalancato lo sguardo, e allargando le braccia i muri hanno iniziato a cadere. Fuori dal nostro ego si è sprigionato il mondo per quello che è per davvero. Diverso, imperfetto, storto. Sbagliato e giusto, insieme.
Il bisogno di capire aveva soppiantato la brama del pregiudizio. C’era voluto tempo, per disimparare il disincanto. Per comprendere appieno la complessità. Ma ne era valsa la pena. Perché tutta quella ginnastica emotiva aveva scatenato infine un’energia potente, coraggiosa, quando ci fu da riallineare l’asse della giustizia sociale.
Qualcuno bussò adagio, qualcun altro più forte. Porte furono abbattute. Altre si aprirono appena. L’umanità cadde per rialzarsi. Andammo per tentativi fino alla meta. Fino alla soglia della porta accanto.
